Circolari

Circolare del Ministero del Lavoro su DL n.34/2014 - prime osservazioni.

Circolare n° 97/2014 » 10.09.2014

Con la circolare n. 18/2014 – trasmessa il 31 luglio 2014 con circolare n.89/2014 - il  Ministero del Lavoro ha fornito prime istruzioni in ordine al decreto legge n. 34/2014, convertito in legge n. 78/2014, che ha modificato le discipline legali del contratto a tempo determinato, di somministrazione e di apprendistato.

La circolare, molto ampia, affronta una serie di questioni a cui fornisce soluzioni sostanzialmente coerenti con le indicazioni sin qui formulate da Confindustria.

Al momento, Confindustria si è limitata a segnalare le indicazioni contenute nella circolare che, a suo avviso, sono di maggior rilievo, vuoi sotto il profilo immediatamente operativo per le imprese vuoi per eventuali differenti interpretazioni rispetto a quelle da noi fornite.

Confindustria si riserva, pertanto, ulteriori approfondimenti su specifiche problematiche.

Base di computo dell’organico

La circolare include, con interpretazione estensiva, nella base di computo dell’organico anche i lavoratori con contratto di apprendistato. Sebbene questa posizione sia pienamente condivisibile, nelle finalità che intende perseguire, come puntualmente esposte nella circolare, residuano sostanziali dubbi circa la compatibilità con il disposto letterale dell’art. 7, comma 3, del D. Lgs. n. 167/2011. Quest’ultima norma, infatti, prevede la computabilità degli apprendisti nelle basi occupazionali previste dalla legge e dal contratto collettivo solo a fronte di “specifiche previsioni di legge o di contratto collettivoche non si rinvengono nella fattispecie di legge. Resta, dunque, ferma la possibilità che i contratti collettivi intervengano sul punto.

Limite all’assunzione con contratto a tempo determinato

E’ stato chiarito che, qualora la percentuale del 20% dia luogo ad un numero decimale uguale o superiore a 0,5, è possibile procedere all’arrotondamento all’unità superiore.

Modalità di applicazione del limite del 20%

E ’stata confermata l’impostazione interpretativa sostenuta da Confindustria in base alla quale il limite del 20% rappresenta una proporzione, da rispettare tempo per tempo, tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato e non già un numero massimo di rapporti di lavoro a tempo determinato stipulabili in ragione d’anno.

Stagionalità

Si rileva che, a pag. 4, con riferimento alla possibilità di individuare ipotesi di stagionalità escluse dal limite quantitativo del 20%, la circolare del Ministero del Lavoro fa riferimento alla contrattazione collettiva anche di livello aziendale.

Il passaggio è molto conciso e non particolarmente argomentato, ma si ritiene che il Ministero non abbia voluto introdurre una nuova definizione di stagionalità.

A nostro avviso, pertanto, resta ferma il contenuto dell’art. 5, comma 4-ter, del D. Lgs. n. 368/2001, che demanda solo alla contrattazione di livello nazionale la definizione di stagionalità. In questo senso, anche il riferimento al D.P.R. n. 1525/1963, lascia propendere, semmai, per una più circoscritta facoltà della contrattazione di livello aziendale di "specificare" le ipotesi previste dal medesimo D.P.R. ma non di individuarne di nuove.

Contrattazione collettiva e limiti quantitativi

La circolare chiarisce che il contratto collettivo nazionale, ai sensi dell’art. 10, comma 7, del D. Lgs. n. 368/2001, ha un’ampia facoltà di deroga, rispetto al regime di legge, del limite del 20%. Pertanto, il contratto collettivo nazionale può non solo intervenire sulla misura della percentuale ed adottare il criterio della “media” ma, secondo il Ministero del Lavoro, il contratto può anche intervenire sulle modalità di determinazione della base di computo alla quale si applica la percentuale.

Si rileva inoltre che, anche a fronte di questo opportuno chiarimento, il contratto collettivo nazionale ben potrebbe intervenire anche con riferimento al profilo dell’arrotondamento all’unità superiore.

Disposizioni transitorie

Sul significato della disposizione transitoria di cui all’art. 2, comma 2 bis, del decreto la circolare si esprime in modo non pienamente comprensibile.
 

Ed infatti, inizialmente si dice (pag. 6), in modo del tutto generico, che “continuano a trovare applicazione” le clausole imitatrici dettate dalla contrattazione e “già esistenti alla data di entrata in vigore del decreto”, fatta salva, ovviamente, la possibilità di un successivo intervento di modifica.
Successivamente, in modo più puntuale, si specifica (pag. 9) che si ritengono ancora efficaci le clausole contrattuali che impongono limiti complessivi alla stipula di contratti a termine e alla utilizzazione di lavoratori somministrati”.

Orbene, Confindustria ribadisce che, in linea con quanto affermato anche dal Ministero, devono ritenersi ancora applicabili le clausole contrattuali che impongono un limite complessivo al ricorso al tempo determinato (anche se formulate prevedendo congiuntamente un limite alla somministrazione).
Viceversa, clausole contrattuali che prevedono limiti quantitativi specifici, perché legati a ben individuate “causali”, devono ritenersi superate, perché la volontà contrattuale che le ha, a suo tempo, sorrette non trova più un preciso riscontro nel vigente dettato normativo di riferimento.

In ogni caso, e per quel che più rileva, si ritiene che il comma 2 bis dell’art. 2 non possa, comunque, essere interpretato nel senso che un eventuale limite quantitativo, che un contratto collettivo avesse strettamente collegato ad una specifica causale, sia ora qualificato come limite complessivo”, applicabile a tutti i contratti a termine. Non  risulta, comunque, che la generica affermazione contenuta a pag. 6 della circolare voglia giungere a tale esito interpretativo, senz’altro “irragionevole”. Ci riserviamo, ad ogni modo, di approfondire la questione con il Ministero del lavoro.

Proroghe

Del tutto condivisibile è, poi, l’interpretazione fornita dalla circolare in ordine al significato dell’espressione “stessa attività lavorativa” di cui all’art. 4 comma 1 del decreto.

Così come sostenuto da Confindustria, anche il Ministero sostiene che l’espressione “stessa attività lavorativa” vada interpretata facendo riferimento alle mansioni e allo “ius variandi”, nell’ambito della definizione di cui all’art. 2013 Cod. Civ., che dunque costituisce il vero limite alla prorogabilità del contratto a termine.

Apprendistato

Quanto al contratto di apprendistato, si segnala che anche il Ministero condivide l’interpretazione del comma 3 bis dell’art. 2 come una limitazione dell’autonomia collettiva, nel senso che i contratti collettivi potranno introdurre clausole di stabilizzazione solo per i datori di lavoro che occupano
almeno 50 dipendenti. 

La circolare, poi, precisa che le stesse clausole, anche se contenute in contratti vigenti, con riferimento ai datori di lavoro fino a 49 dipendenti, ove non applicate, non determineranno l’effetto di trasformazione dei rapporti di apprendistato avviati in ordinari rapporti a tempo indeterminato.

Da ultimo è importante sottolineare come la circolare abbia specificato, così come Confindustria aveva già sostenuto, che il datore di lavoro non incorre in alcuna sanzione se, decorsi quarantacinque giorni dalla comunicazione dell’instaurazione del rapporto di apprendistato, non riceva alcuna comunicazione dalla Regione in ordine ai tempi e ai modi per lo svolgimento della formazione “pubblica” e, di conseguenza, si limiti ad erogare la sola formazione prevista dalla contrattazione collettiva che disciplina il rapporto.

Cordiali saluti.

» Firma Responsabile Area Lavoro e Sicurezza Giancarlo Cipullo  |   Autore CI/mf
» Carta intestata

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